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n°6/2007

APPROFONDIMENTI.org

(periodico trimestrale)

Quando i bambii non riescono ad addormentarsi da soli

 Quando i bambini non riescono ad addormentarsi da soli

Per molti genitori, il momento dell’addormentamento dei propri figli (soprattutto quelli compresi in età 0 – 6 anni) rappresenta un grosso problema che trova le sue radici in abitudini e in atteggiamenti sbagliati e che, alla lunga, può avere ripercussioni su tutti gli aspetti della vita, sia dei genitori che dei loro figli.

Prima di passare in rassegna le problematiche legate all’addormentamento, i disturbi del sonno e i rimedi per porvi fine, è opportuno fornire alcune indicazioni sulle fasi del sonno.

 

IL SONNO

 La fase iniziale del sonno, denominata sonno non REM, è suddivisa in quattro stadi:  

1.      sonnolenza;

2.      sonno leggero

3.      sonno profondo

4.      sonno molto profondo

 In questa fase il battito cardiaco e la respirazione tendono a regolarizzarsi, i movimenti diminuiscono. A questa fase segue il cd. sonno REM (Rapid Eye Movement), contraddistinto dal rapido movimento oculare sotto le palpebre chiuse, dal movimento del corpo e dei muscoli facciali, dal battito cardiaco e dalla respirazione irregolari. La mente è molto attiva, ed è proprio in questa fase che le persone sognano.

Il sonno REM può durare tra i 10 e i 40 minuti, e a questo fa seguito il sonno non REM. Il ciclo può ripetersi cinque o sei volte per notte. Il sonno non REM diventa sempre più corto mentre si allunga quello REM. Dopo aver completato il numero di cicli di cui abbiamo bisogno, il nostro organismo si sveglia riposato.

Il sonno è interrotto da brevi risvegli di cui solitamente non portiamo memoria. Tali risvegli avvengono nel momento di passaggio dalla fase REM a quella NON REM.

È utile sapere che il sonno degli adulti e quello dei bambini sono, per tipologia e caratteristiche, molto diversi tra loro. I bambini necessitano di un numero maggiore di ore di sonno rispetto agli adulti; un bambino di pochi mesi raggiunge il sonno profondo in pochissimi minuti; la maggior parte del sonno dei bambini è di tipo REM (la metà del sonno di un lattante è REM, nella prima infanzia è di circa un terzo, nell’età adulta rappresenta solo un quarto del sonno complessivo).

Nel sonno REM si assiste ad un aumento dei movimenti del corpo. Dal momento che la maggior parte del sonno dei bambini è di tipo REM ben si capisce perché i bambini, di notte, si muovano molto al punto che spesso li ritroviamo dalla parte opposta del letto. Tuttavia vorrei precisare che con i lattanti è opportuno parlare di “sonno tranquillo” e di “sonno attivo” anziché di sonno NON REM e di sonno REM. Nel “sonno attivo” il bambino può gemere, singhiozzare, agitare gli arti, girarsi, muovere gli occhi, ecc. Il cervello, infatti, invia frequenti segnali che fanno muovere i muscoli del corpo. Nell’adulto tali impulsi sono “filtrati” dal sistema nervoso centrale (non ancora sviluppato nei lattanti).

I lattanti, inoltre, quando sono stanchi si addormentano indipendentemente dall’ora o dal luogo nel quale si trovano. 

BISOGNO MEDIO DI SONNO IN BASE ALL’ETA’ (in ore)

Età

Sonno diurno

Sonno notturno

totale

1 settimana

8

8,5

16,5

1 mese

7

8,5

15,5

3 mesi

5

10

15

6 mesi

4

10,5

14,5

9 mesi

3

11

14

1 anno

2,5

11,5

14

1 anno e mezzo

2

11,5

13,5

2 anni

1,5

11,5

13

3 anni

1

11

12

 

 

11,5

11,5

 

 

11

11

 

IL DIARIO DEL SONNO

Si tratta di uno strumento utile per quei genitori che vorrebbero regolarizzare il sonno dei propri figli. Per ottenere ciò è necessario conoscere i ritmi del sonno del proprio bambino.

Il diario consiste in una griglia di osservazione. Bisogna riportarvi alcune abitudini relative al sonno dei bambini. L’osservazione dovrebbe durare circa due settimane. La griglia deve contenere le seguenti domande: 

1.     in quali orari, nell’arco della giornata, il bambino sembra avere sonno? (prendere nota degli indici di sonnolenza quali lo strofinio degli occhi, l’irascibilità, il pianto, ecc)

2.      a che ora, nell’arco della giornata, si addormenta e quanto dura il suo sonno?

3.      a che ora il bambino alla sera viene messo a letto e a che ora si addormenta?

4.     in quali ore avvengono i risvegli notturni e quanto durano?

5.     a che ora il bambino si sveglia al mattino?

6.     quanto dorme il bambino nell’arco delle 24 ore?

7.     qual è l’umore del bambino e suoi livelli di energia nell’arco della giornata?

8.     quali sistemi vengono adottati per far addormentare il bambino durante la giornata? Quanto tempo è necessario per farlo addormentare?

9.     e per il sonno notturno? quanto tempo è necessario per farlo addormentare?

10. e per farlo riaddormentare dopo un risveglio notturno? quanto tempo è necessario per farlo addormentare?

 

L’ORIGINE DEI PROBLEMI DI ADDORMENTAMENTO

 Quando un bambino ha problemi ad addormentarsi bisogna cercare di capire quali sono le cause. Talvolta è opportuno rivolgersi ad appositi specialisti per poter escludere che vi siano cause di tipo fisiologico o neurologico.

Il più delle volte, invece, i problemi del sonno dei bambini sono legati ad abitudini adottate sin dai primi mesi. Quanti genitori, infatti, non hanno resistito alla tentazione di far addormentare il bambino in braccio, durante l’allattamento, nel letto matrimoniale, ecc. Se i bambini si abituano ad addormentarsi in certe situazioni, diventa molto difficile farli addormentare in assenza di queste ultime. In altri termini, se noi stessi ci abituiamo ad addormentarci dopo aver compiuto determinati rituali (con un certo tipo di cuscino, stando da una parte del letto, ecc.) si creano alcune associazioni che facilitano, se non addirittura diventano la condizione sine qua non, il nostro sonno. La stessa cosa accade con i bambini. Queste associazioni, infatti, si formano molto presto nella vita. Quando gli adulti scoprono che certe azioni fanno addormentare il bambino più in fretta (ad es. quando viene cullato, allattato, preso in braccio), il bambino associa immediatamente il processo di addormentamento alla presenza attiva dei genitori. Il problema è che poi rischia di non riuscire più ad addormentarsi in assenza di questa presenza attiva. Ecco perché la presenza attiva dei genitori rischia di compromettere la capacità innata dei bambini ad addormentarsi da soli.

A ciò si deve aggiungere il problema legato alla mancanza di regolarità: il bambino che viene tenuto sveglio a seconda delle necessità degli adulti, difficilmente andrà a letto di buon grado ad una determinata ora di un determinato giorno solo perché in quel momento fa comodo ai genitori. Resterà più facilmente sveglio la sera fino a tardi e avrà un sonno diurno irregolare.

Altri genitori adottano la strategia del “lasciamolo sveglio finché non crolla”. Tuttavia se si aspetta che i bambini si addormentino quando sono troppo stanchi è probabile che facciano molta fatica ad addormentarsi o che si sveglino più volte durante la notte.

 

L’IMPORTANZA DELLA ROUTINE

La routine è un po’ l’orologio dei bambini, ed ha la funzione di infondere loro sicurezza. Al bambino si propongono quotidianamente sempre le stesse azioni affinché, col tempo, lui capisce che dopo una certa azione ne seguirà un’altra a lui già nota. Il fatto di poter prevedere quello che succederà dopo lo rende più tranquillo. Ed è per questo, ad esempio, che i bambini chiedono spesso agli adulti che si racconti loro sempre la stessa favola o si legga sempre lo stesso libro: la storia è a loro già nota, sanno come va a finire e ciò infonde più sicurezza.

La routine diventa quindi necessaria, come vedremo nel prossimo paragrafo, per facilitare il processo di addormentamento dei bambini.

 

COSA FARE

A questo punto torna utile il diario del sonno descritto nelle pagine precedenti. Ci consente, infatti, di avere le informazioni necessarie per stabilire alcune strategie di intervento.

In primis è opportuno stabilire un orario di addormentamento. Prendete spunto dalle informazioni riportate sulla griglia e iniziate dall’orario in cui il bambino si addormenta solitamente alla sera. Anticipate questo momento introducendo una serie di routine (da iniziare circa mezz’ora prima dell’ora designata per il sonno). La scelta delle routine è soggettiva e dipende dall’età del bambino. A titolo esemplificativo ne indico qui di seguito alcune. 

bullet con i lattanti: poppata, ruttino, coccole accompagnate da una storiella raccontata con voce suadente e rassicurante, cambio del pannolino, ninna nanna, si posa nel suo lettino, si fa andare ancora un po’ il carillon tenendo compagnia al bambino, si spegne la luce e si da il bacio della buona notte;
bullet con bambini più grandi, capaci di comprendere la comunicazione verbale: indicare che fra un po’ si andrà a dormire, consentire al bambino di ultimare il gioco o l’attività che sta svolgendo utilizzando espressioni positive quali “puoi giocare ancora per 10 minuti” anziché espressioni negative del tipo “non puoi giocare per più di 10 minuti”. Queste ultime farebbero percepire il sonno come una punizione. Lavarsi i denti, andare in bagno per i bisogni, andare in camera per raccontare la storia della buona notte, ecc;
bullet se il bambino si ribella e “sfida” il genitore, fornire sempre una spiegazione del perché è opportuno andare a letto a quella determinata ora  (es: “altrimenti domani mattina non riuscirai a svegliarti in tempo perché sarai stanco"). Evitare frasi quali “ora si va a letto perché lo dico io”. Il bambino potrebbe anche non essere d’accordo con voi ma sa che almeno queste regole non sono arbitrarie;
bullet se il bambino è sufficientemente grande, dargli la possibilità di scegliere la storia della buona notte. Ciò gli attribuisce un potere che, probabilmente, aumenterà le probabilità che collabori. Gli si può far scegliere anche quale pigiama indossare, quali pupazzi portare con se, ecc.;
bullet rendere piacevole il momento del sonno apprezzando con un abbraccio ogni forma di collaborazione;
bullet scegliete rituali che siete disposti a ripetere ogni sera;
bullet i rituali richiedono una partecipazione attiva dell’adulto. È controproducente, infatti, invitare ad alta voce i propri figli, magari stando davanti alla tv o al computer, a lavarsi i denti e andare a dormire senza fare storie;
bullet se il bambino insiste nel non voler addormentarsi da solo, è importante che gli adulti non perdano mai la pazienza.

 Le routine troppo sbrigative non funzionano. Il rito della buona notte, infatti, inizia molto prima delle routine. Addirittura un’ora prima dell’ora stabilita è opportuno che il bambino si dedichi ad attività tranquille (che escludano anche la televisione). Il livello di attività si abbasserà e il bambino si preparerà alla quiete.

I rituali devono concludersi nella cameretta. Se le attività piacevoli si svolgono altrove, e poi mettete il bimbo a dormire in camera, quest’ultima potrebbe essere vissuta come un luogo nel quale si è costretti a stare mentre il divertimento si svolge altrove. Per la stessa ragione diventa inopportuno utilizzare la cameretta come luogo di punizione.

È utile che partecipino entrambi i genitori alla routine. Diversamente, quella volta che il genitore attivo nelle routine non sarà in casa, il bambino potrà avere qualche difficoltà ad addormentarsi.

Infine sottolineo l’importanza che il bambino si addormenti nel suo lettino. Abbiamo visto, infatti, che durante la notte il bambino si sveglia parecchie volte. Se si risveglia in un luogo diverso da dove si è addormentato (quando ad esempio lo fate addormentare in braccio e poi lo posate nel suo lettino) potrebbe non riconoscere il posto nel quale si trova e spaventarsi: quelle braccia, quei movimenti, quei profumi, quelle voci che lo hanno fatto addormentare non ci sono più. Il bambino, quindi, esprimerà il suo disagio nell’unico modo che conosce: piangendo, strillando, lamentandosi, affinché l’adulto di riferimento vada a rimettere le cose a posto.

Fin qui tutto bene. Ma è veramente così facile fare addormentare un bambino? Assolutamente no! Se il bimbo ha già creato quelle associazioni senza le quali non riesce ad addormentarsi  diventa necessario utilizzare anche altri accorgimenti.  

bullet

metterlo a letto quando è ancora sveglio (questo vale soprattutto per i lattanti) e quando sapete che ha sonno (cfr. il diario del sonno). Se in seguito al vostro allontanamento si mette a piangere o reclama la vostra presenza non prendetelo in braccio. State con lui un po’, parlategli con voce rassicurante e poi allontanatevi prima che si sia addormentato (anche se sta ancora piangendo). Fatelo pure piangere per qualche minuto. Non succederà niente (a patto che questo pianto non dipenda da altre cause quali febbre, mal di pancia, coliche, ecc). Tornate dopo un po’ a rassicurarlo, ma senza prenderlo in braccio. Chinatevi voi verso la culla. Rassicuratelo e uscite. Se reclama ancora la vostra presenza aspettate ancora un po’. Continuate così a intervalli di circa 10 minuti. Se il pianto diventa un piagnucolio non entrate in cameretta. Col passare dei giorni, allungate sempre più i tempi di attesa prima di rientrare in camera (la seconda notte aspettate 10 minuti prima di entrare in cameretta, la terza notte aspettate 15 minuti e così via). Dopo poche notti il bambino si addormenterà più in fretta;

bullet

per i bambini che hanno più di un anno utilizzare un oggetto rassicurante (ad es. un pupazzo). L’oggetto diventa una sorta di sostituto dei genitori e fornirà al bambino più tranquillità. Fategli scegliere l’oggetto che preferisce. Assicuratevi solo che l’oggetto scelto non sia pericoloso.

 

DA SAPERE

Non bisogna comunque essere troppo rigidi nell’applicare le regole dell’addormentamento. Quelli sopra descritti sono solo dei consigli che acquistano ancor più significato alla luce delle indicazioni che riporto qui di seguito: 

bullet

nei primi due mesi di vita, la fame del bambino determina i continui suoi risvegli. Il bambino resta sazio, di norma, per non più di tre/quattro ore. Di conseguenza si sveglierà e vorrà mangiare spesso anche nell’arco della notte;

bullet

dopo i due mesi di vita il bambino potrebbe dormire anche per quattro/sei ore consecutive in quanto aumenta la sua autonomia alimentare. Se avete la fortuna che vostro figlio rispetta questi tempi, e la sua crescita è regolare, potete stare tranquilli;

bullet

dopo i sei mesi i bambini dovrebbero essere pronti per dormire tutta la notte. Quindi bisogna cercare di capire se quando piange lo fa perché ha determinate esigenze fisiologiche o se per abitudine;

bullet

è altresì normale che a questa età il bambino abbia paura di separarsi dai genitori (che rappresentano, per lui, la primaria fonte di cure). È la cd. angoscia da separazione. Si tratta di una fase normale del suo sviluppo, e viene superata crescendo. Tuttavia i genitori possono fare molto per aiutare i propri figli a risolvere questa angoscia: essere decisi e cercare di apparire il meno ansiosi possibili. I bambini comprendono istintivamente i messaggi che provengono dalla comunicazione non verbale. Se dite a vostro figlio che deve dormire da solo nel suo lettino, ma con il corpo esprimete tutta la vostra ansia per questa separazione, il bambino non comprenderà le vostre parole, ma comprenderà bene il messaggio che state trasmettendo con il vostro corpo. Se il bambino si sentirà sicuro della vostra disponibilità e non percepirà la vostra ansia diventerà più facile fargli passare l’angoscia da separazione.

 

DIFFERENZA TRA GIORNO E NOTTE

 Esistono molti sistemi per aiutare i bambini a dormire di notte. Tra questi, particolare importanza rivestono le strategie finalizzate all’insegnamento della distinzione tra il giorno e la notte. Spesso apprendo di genitori che, anche durante il sonnellino pomeridiano, creano condizioni di buio e silenzio assoluti. In realtà il bambino per dormire bene di notte deve stare sveglio di giorno. Con ciò non voglio dire che durante il giorno non deve dormire. Non lo deve fare al buio totale e in assenza assoluta di rumori: durante i riposi diurni lasciate entrare la luce, ascoltate pure musica nella stanza a fianco (s’intende a volume moderato). Questo indurrà il bambino a fare sonnellini più brevi durante il giorno e più lunghi durante la notte. Di notte il buio e il silenzio devono fare da contrappunto al giorno. Di notte, inoltre, non è necessaria la luce di cortesia. Diventa un’esigenza solo se i genitori abituano il bambino a tenerla accesa. Durante le poppate notturne non si dovrebbero accendere troppe luci, né si dovrebbe giocare con il bambino.

  

QUANDO I GENITORI SI SEPARANO

 A conclusione di questo mio contributo vorrei fare qualche accenno alla situazione dei figli con genitori separati. È importante che i genitori separati adottino strategie comuni per l’addormentamento dei propri figli: gli orari, le routine, l’oggetto transizionale, dovrebbero restare quelli di sempre. Il bambino vive la separazione come un trauma. Utilizzare strategie differenziate per l’addormentamento non fa altro che aumentare lo stato di disagio del bimbo accrescendone l’insicurezza.

   dott. Gilberto Angione

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